LA DISPARITA’ DI TRATTAMENTO ECONOMICO TRA UOMO E DONNA

Da sempre negli ambienti di lavoro italiani, l’essere donna ha rappresentato una penalizzazione a livello economico e non solo anche se, negli ultimi anni, qualcosa sembra essere cambiato.

Ma è davvero così?

L’art.37 della Costituzione italiana afferma che “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”.

Nonostante quanto prescritto dalla normativa vigente in Italia, il divario retributivo tra uomini e donne rappresenta ancora oggi una questione irrisolta.

Che cosa intendiamo per “divario retributivo di genere”?

Per “divario retributivo di genere” ci si riferisce al fenomeno socioeconomico secondo il quale la retribuzione media delle donne risulta essere, a parità di mansione, nettamente inferiore rispetto a quella degli uomini.

Secondo il Global Gender Gap Report 2020, l’Italia si collocherebbe al 76° posto mondiale nella classifica dei Paesi che attuano la parità salariale: questo vuol dire che una donna italiana guadagna in media circa 17.900 euro l’anno rispetto ai 31.600 maschili e a fronte di molte più ore lavorate e non retribuite (ad esempio, lavori domestici, cura dei figli e della famiglia, ecc.)

Questa stima prende in considerazione una serie di differenti fattori politico-sociali ed economici che svantaggiano le donne nel mondo del lavoro.

Quali sono i principali fattori politico-sociali ed economici che influenzano la disparità di trattamento economico?

Quando si parla di divario retributivo di genere si fa spesso confusione e sul tema si susseguono una serie di spiegazioni stereotipate che hanno effettivamente un impatto limitato sul tema.

  • Un primo stereotipo riguarda il peso che assume il part-time: è vero che le donne si fanno spesso carico di importanti compiti sociali non retribuiti, quali, ad esempio, i lavori in casa o la cura dei figli e della famiglia e per questo richiedono un’occupazione part-time ma va anche ricordato che lavorare meno ore a settimana significa sì portare meno soldi a casa a fine mese ma non guadagnare meno soldi ogni ora.
  • Un secondo stereotipo riguarda il rapporto tra qualifica e retribuzione dei lavori svolti dalle donne: è vero che le donne scelgono lavori più adatti allo stereotipo femminile (dall’insegnante alla parrucchiera, dalla cassiera alla segretaria) caratterizzati da una retribuzione bassa e più compatibili con la gestione delle responsabilità famigliari, ma è anche vero che le donne risultano essere pagate meno per fare lo stesso lavoro svolto dagli uomini, a tutti i livelli professionali. In generale, più la qualifica professionale è alta, più la differenza salariale si allarga (ad esempio, le manager donne sono pagate molto meno rispetto ai manager uomini).
  • Un terzo e ultimo stereotipo riguarda il grado di istruzione delle donne: studiare non basta per raggiungere il livello contributivo degli uomini. Infatti, le donne, pur risultando più istruite degli uomini, a parità di ruolo guadagnano meno. Perché? A influenzare il divario retributivo c’è il tipo di discipline prescelte dalle donne (ad esempio, le donne tendono a prediligere le discipline umanistiche che sono meno remunerative e hanno più basse prospettive di carriera).

La crisi pandemica ha avuto qualche influenza sulla disparità di trattamento tra uomini e donne?

La crisi pandemica ha sicuramente colpito con maggiore severità le donne. I dati Istat sul mercato del lavoro dopo il lockdown mostrano un aumento non casuale della disoccupazione femminile in quanto maggiormente occupate nei settori più a rischio (scuole, turismo, cura del corpo ecc.). A questo si aggiunge, non meno importante, la chiusura di asili nido e scuole che ha costretto molte donne a trascorrere periodi di tempo fuori dal mercato del lavoro per potersi occupare dei figli rimasti a casa.

E l’Unione Europea?

Il tema della disparità economica di trattamento riguarda non solo l’Italia ma tutta l’Unione europea.

La discriminazione retributiva all’interno dell’UE è per legge vietata e altresì considerato come uno dei principi fondamentali dell’Unione Europea. Proprio per questo motivo, i soggetti che hanno subito discriminazioni retributive possono decidere di intraprendere azioni legali senza timore di ritorsioni da parte del proprio datore di lavoro. Uno dei compiti prossimi richiesti ai Paesi dell’UE è proprio quello di cercare quantomeno di ridurre drasticamente se non porre fine a qualsiasi discriminazione salariale tra donne e uomini.

In conclusione…

Molti progressi sono stati certamente fatti negli anni ma in ogni caso la disparità economica tra uomo e donna risente, ancora oggi, di stereotipi difficili da sgretolare.

Il cammino per la parità retributiva è ancora lungo e difficile ma essere consapevoli dell’esistenza di tale disparità è importante al fine di elaborare politiche appropriate e azioni positive mirate ad eliminare o quantomeno a ridurre al minimo questo divario.

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