Una panoramica sul Job Crafting

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“Il lavoro non mi piace, non piace a nessuno, ma a me piace quello che c’è nel lavoro: la possibilità di trovare se stessi.”
Joseph Conrad

Questa citazione rimanda un significato importante: una stessa attività lavorativa non è uguale per tutti, ma assume un significato diverso per ogni persona. Nel proprio lavoro, ognuno può trovare un senso profondo e personale.

Il Job Crafting si basa proprio sul presupposto che il lavoro possa adattarsi alle caratteristiche personali di chi lo svolge. Possiamo, quindi, definire questo costrutto come l’insieme di tutti i comportamenti proattivi volti a modificare e ridefinire i confini lavorativi mutuando i compiti e le relazioni previste dal proprio ruolo.

Cosa non è il Job Crafting…

Il Job Crafting è un costrutto dai margini confusi che spesso tende ad essere sovrapposto ad altre dimensioni.


È importante distinguere il Job Crafting dal Job Design, che possiamo definire come l’insieme dei compiti e relazioni assegnate formalmente ad una persona da parte dell’organizzazione. Idealmente, il primo è un movimento che nasce dal basso della gerarchia e dalle esigenze dei lavoratori, mentre il secondo nasce dall’alto e dalle decisioni dei superiori.
Il Job Crafting si distingue anche dalla proattività e dal work engagement. Infatti, mentre il primo appartiene alla sfera della personalità e fa riferimento alla tendenza delle persone a cambiare intenzionalmente l’ambiente che li circonda e il secondo fa riferimento ad uno stato mentale positivo nei confronti del proprio lavoro, il Job Crafting appartiene alla sfera dell’azione e dei comportamenti.

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Le tipologie di Job Crafting

È possibile individuare tre diverse metodologie con cui è possibile modellare e adattare il proprio lavoro per migliorare la motivazione, abbattere le barriere della noia, rendere il lavoro più piacevole e interrompere la routine lavorativa:

  1. Task Crafting: questa prima tipologia prevede di agire sulle mansioni modificando tempi, responsabilità ed attenzione. È possibile modellare i compiti della propria attività lavorativa dedicando più tempo a ciò che più piace, decidendo di sviluppare progetti speciali e assumendo nuove responsabilità, oppure agendo su ciò che ci piace di meno, rendendolo più accattivante, più stimolante e in linea con le proprie caratteristiche personali.
  2. Relational Crafting: questa tipologia prevede di agire sulle relazioni lavorative. È possibile, ad esempio, sviluppare nuove relazioni con persone che sono per noi positive e interessanti o cambiare lo scopo di relazioni già esistenti. È possibile agire anche sulla frequenza e sulla modalità di relazionare con gli altri.
  3. Cognitive Crafting: questa tecnica agisce sul significato e sul modo in cui si percepiscono compiti e relazioni lavorative. Nonostante il lavoro possa rimanere invariato, cambiare punto di vista, assumere un nuovo obiettivo più importante e soddisfacente, può agire notevolmente sulla motivazione e sulla soddisfazione.

Conclusioni…

In conclusione, la personalizzazione del lavoro può agire notevolmente sulla motivazione e soddisfazione lavorativa.

È fondamentale, tuttavia, che questi cambiamenti siano in linea e non in contrasto con gli obiettivi aziendali. Per questo motivo, è fondamentale mantenere un dialogo e un confronto con i propri dipendenti circa i cambiamenti messi in atto, per assicurarsi che siano positivi all’organizzazione (favorable crafting) e non negativi (detrimental crafting).

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