La diversità culturale e religiosa in azienda

Che cosa significa diversità? In generale è la presenza di differenze. Più nello specifico, l’Unione Europea ha definito sei dimensioni primarie della diversità. Esse sono il genere, l’orientamento sessuale e l'etnia. A queste si aggiungono anche diversità culturale e religiosa.

Come gestire la diversità culturale in azienda?

Nel mondo del lavoro si parla di Diversity Management. Con questa espressione si indica un approccio alla gestione delle risorse umane finalizzato alla creazione di un ambiente di lavoro inclusivo. Favorendo l’espressione del potenziale di ciascuno, infatti, si raggiungono più facilmente gli obiettivi organizzativi. Inoltre si tutelano le minoranze e quindi la diversità culturale.

Vantaggi della gestione della diversità culturale

In molti casi, gestire la diversità culturale in azienda è anche vantaggioso per l’azienda stessa. I benefici, infatti, sono un incremento della creatività, dell’innovazione e della produttività. Questo accade perché i lavoratori con background diversi possono dare ai gruppi di lavoro competenze ed esperienze che contribuiscono al miglioramento delle performance di lavoro e allo sviluppo di idee innovative. Addirittura, secondo una ricerca del Boston Consulting Group il rispetto della diversità culturale genera un profitto del 10% più alto.

Inoltre, promuovere un’immagine positiva del luogo di lavoro può conseguentemente attrarre un ampio numero di candidati. Quindi, alla fine, si attirano risorse migliori e interessate al contesto aziendale. Così facendo, l'azienda verrà vista come un ambiente dinamico e interculturale in cui poter accrescere le proprie potenzialità. Favorire la diversità culturale e religiosa, insomma, migliora la reputazione e l’immagine aziendali.

Un’azienda che decide di investire nella valorizzazione della diversità culturale ha la grande opportunità di porsi davanti ai propri concorrenti sia in termini di reputazione che di produttività. Inevitabilmente, infatti, i collaboratori sono più soddisfatti, motivati e, quindi, produttivi, se operano in un ambiente inclusivo.

Quali misure concrete contro la discriminazione?

Insomma, gestire la diversità culturale è fondamentale per l’azienda. Ma quali misure concrete quest'ultima può mettere in atto contro la discriminazione? Innanzitutto, è possibile creare un organo di ricorso interno all’azienda per aiutare le persone colpite da eventuali discriminazioni. In secondo luogo è possibile ricorrere al cosiddetto Diversity Training. Da ultimo, c’è la possibilità di progettare processi di candidatura anonima. Esaminiamo nel dettaglio queste ultime due misure.

Il Diversity Training

Il Diversity Training vuole aumentare la consapevolezza sulle difficoltà legate alla diversità culturale. Parallelamente, esso migliora la comprensione delle persone provenienti da altri contesti e culture e si sforza di cambiare atteggiamenti e comportamenti negativi. Da ultimo analizza i processi aziendali per identificare le barriere e i fattori potenziali della diversità culturale.

Il processo di candidatura anonima

Perché questo tipo di processo di candidatura potrebbe essere utile per favorire la diversità culturale? Le ragioni principali sono riposte prima di tutto nelle associazioni inconsce, supposizioni e negli stereotipi culturali.

Ad essi si aggiungono i tanti biases culturali per cui gli individui tendono a sviluppare una preferenza per ciò che percepiscono come familiare. Il cosiddetto similar to me effect, per esempio, descrive la tendenza delle persone a empatizzare e relazionarsi meglio con i propri simili. Addirittura, siamo più indulgenti con chi crediamo simile a noi.

Questi biases, trasposti nel mondo del lavoro, portano a processi decisionali distorti. In particolare, situazioni discriminanti si possono verificare durante un colloquio di lavoro e il processo di selezione in generale. Capita, quindi, che molti candidati, tra i più qualificati, non ricevano un invito a un colloquio di lavoro.

Applicare il processo di candidatura anonima: alcuni esempi

Una ricerca effettuata in Germania dall’Institut zur Zukunft der Arbeit (IZA) ha analizzato gli effetti di candidature identiche sotto ogni aspetto, eccezion fatta per nome e fotografia delle candidate, ogni volta diversi. Si è notato che le candidate con nome tedesco hanno ottenuto un colloquio di lavoro nel 18,8 % dei casi. I nomi turchi, invece, sono stati chiamati nel 13,5 % dei casi, mentre le candidate turche che con indosso un foulard solo nel 4,2 % dei casi.

Sempre in Germania, da Antidiskriminierungsstelle des Bundes (ADS) è stato condotto uno studio pilota per esaminare l’effetto di candidature anonime. Questo processo di inclusione della diversità culturale era già stato applicato con buoni risultati in Paesi come USA, Canada, Svezia e Svizzera.

Come funziona il processo di candidatura anonima? In una prima fase, i responsabili delle risorse umane ricevono le candidature senza fotografie né informazioni personali come nome, data di nascita, origine o stato civile. Quindi, solo le qualifiche professionali e la motivazione costituiscono le basi per un invito a un colloquio. L’azienda può usare moduli di candidatura uniformi e anonimi o una anonimizzazione delle candidature ricevute con CV tradizionali mediante oscuramento o trasferimento dei dati.

Questo processo favorisce non solo una maggiore obiettività nel lavoro delle risorse umane ma crea i presupposti per l’accettazione della diversità culturale. Lo studio conclude, infatti, che si creano più opportunità per le donne e per i candidati con un background migratorio.

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